EQUINOZIO D'AUTUNNO. LA SPERANZA OLTRE LA MORTE
di Elisabeth Mantovani
”
L’Uomo nasce come il fiore dei campi, ma il vento lo sfiora ed esso
scompare, né più si conosce il luogo dov’era” (Salmi, 103, 15-16)
La celebrazione dell’Equinozio d’Autunno ha origini antichissime ed è una delle feste più significative dal punto di vista della storia delle religioni. Essa
si celebra in tutto l’emisfero boreale al momento in cui il Sole
precipita la sua discesa e di conseguenza le giornate si accorciano
notevolmente.
I
due punti equinoziali segnano, lungo l’arco della corsa solare annua, i
due momenti in cui il giorno, cioè la luce, ha egual durata rispetto
alla notte, cioè al buio.
Mentre
l’Equinozio di primavera che occorre intorno al 21 marzo, segna il
momento di equilibro lungo la corsa d’ascesa del Sole, cioè quando le
giornate progressivamente si allungano fino alla massima estensione
della luce che avviene durante il Solstizio estivo intorno al 21
Giugno, l’Equinozio d'Autunno segna il punto in cui giorno e notte si
equivalgono nel semiarco che va dal Solstizio estivo a quello invernale e
che segna la progressiva diminuzione della luce.
Passato questo
punto d’equilibrio infatti il Sole, come già accennato, precipiterà la
sua corsa e le giornate cominceranno progressivamente ad accorciarsi
fino alla massima estensione del buio che avviene nel giorno del
Solstizio invernale intorno al 21 dicembre passato il quale, il Sole
ricomincerà un nuovo emiciclo ascensionale fino al suo trionfo che
avverrà durante il successivo Solstizio estivo.
La
diminuzione della luce durante l’arco dell’anno e il progressivo
indebolirsi delle forme esterne della Natura ha creato da sempre
nell’uomo una grande ansia rivolta a ciò che sarebbe potuto accadere se
il Sole non fosse tornato e la Natura non fosse rinvigorita e rinata
dopo la pausa invernale.
Cosa provocava ma soprattutto cosa garantiva il succedersi delle stagioni ed il ritorno della luce e della prosperità?
I popoli agricoltori ed allevatori
che popolavano le regioni dell’Europa e le fertili valli del
Medioriente furono i primi ad associare la sacralità e i suoi relativi
culti ai cicli agricoli.
Siccome
i cicli della fertilità della Terra erano connessi con i moti del Sole e
della Luna questi due astri furono i primi ad essere personificati come
divinità portatrici di buona o cattiva sorte. L’Agricoltura
e l’Astrologia furono da sempre strettamente legate ed i culti degli
dei astrali hanno sicuramente origine nell’osservazione dei mutamenti
della Natura in connessione al ritorno di particolari asterismi nel cielo.
Per
ingraziarsi la benevolenza delle divinità che potevano garantire il
ritorno della fertilità e il successivo raccolto, l’uomo arcaico cominciò
a maturare l’idea della necessità di dover sacrificare qualcosa.
Questo
sentimento sacrificale prese col tempo la forma di diversi culti e
ritualità e permeò la sacralità dei popoli per millenni. Ancora oggi
nelle pratiche delle attuali religioni, nelle credenze e nelle
tradizioni popolari permangono ritualità connesse all’idea di sacrificio
che hanno origine nei culti agrari e ancor prima nel sentimento
d’incertezza che l’avvicinarsi del buio e dell’inverno generava sin
dall’origine nell’uomo.
Il
precipitare del Sole nella stagione invernale e il non poter prevedere o
controllare direttamente il suo ritorno generò nell’uomo arcaico non
solo l’ansia di ciò che poteva accadere ma anche il senso di forze
cosmiche ed invisibili che governavano silenti il mondo fenomenico.
Per
questo molte delle cultualità che riguardano l’Equinozio d’Autunno
hanno a che fare con la presa di coscienza del mondo invisibile e
occulto che esiste parallelamente a quello visibile e tangibile e delle
forze che lo governano.
"Il
mondo dei Morti” si fa dunque sempre più palese nella coscienza
dell’uomo agricoltore man mano che l’inverno avanza e con esso
l’incertezza della sussistenza della vita. Diffuse
nel periodo Equinoziale sono per questo tutte le operazioni e i rituali
che riguardano altresì la previdenza ed il bilancio.
Tutte
le celebrazioni che sono connesse con la ruota dell’anno, come le feste
che si svolgono intorno agli equinozi ed ai solstizi, hanno origini
agricole.
L’Agricoltura
stessa si configura sin dall’inizio come una serie di rituali
attraverso i quali l’uomo prende coscienza prima del succedersi delle
stagioni e delle forze invisibili che governano la fertilità del suolo,
poi della possibilità di interagire con la terra stessa attraverso il
lavoro agricolo.
Con
il suo lavoro l’uomo è cosciente sin dall’inizio di interagire con le
forze della natura modificandole attraverso il proprio ingegno, perciò
tutti i rituali che hanno carattere di sacrificio e che si svolgono in
special modo durante la fine del ciclo agricolo e durante il riposo
invernale, hanno anche il significato di ringraziamento alla terra e
alle divinità che governano il raccolto e possono garantire quello del
ciclo successivo.
Numerose
sono le usanze che ancora si tramandano nelle campagne associate a
questo tipo di sacrificio e che sono propiziatorie per ingraziarsi le
potenze occulte che governano la fertilità del suolo: ad
esempio quella di lasciare qualche spiga sul terreno al termine
dell’ultimo raccolto di agosto, di non consumare l’ultimo covone o di
spargere un po’ di cereali a terra nel granaio durante
l’immagazzinamento delle provviste.
All'origine, questi
doni sono per la madre terra, per la divinità che governa
il campo o per i morti e gli avi che possono interagire garantendo la
prosperità del nuovo anno.
Infatti anche i morti hanno lo stesso destino dei semi
e a loro appartiene il mondo ctonio dove la vita finisce e ricomincia,
essi lo conoscono perché come i semi vi sono stati deposti e possono
intercedere per i vivi.
Tutte
le cultualità che vanno dall’Equinozio di Autunno al Solstizio
d’Inverno hanno a che fare con il mondo oscuro del buio, dei morti,
dell’aldilà presso cui i vivi non possono agire direttamente se
non con una presa di coscienza della dimensione invisibile che esiste
parallelamente alla vita contingente.
La celebrazione dell’Equinozio d’autunno ha perciò un carattere meditativo anche se non passivo,
di bilancio e di presa di coscienza che ci proietta verso il
ringraziamento, la speranza e l’attesa per un nuovo ciclo propizio.
Una delle celebrazioni più solenni che si effettuavano durante questo periodo riguarda i Misteri Eleusini
antichissime ritualità che si svolgevano in Grecia e che avevano lo
scopo di celebrare l’eterno ritorno della vita e della prossima
primavera. Essi erano infatti direttamente associati al culto di Demetra
e alla leggenda del rapimento della figlia Persefone da parte di
Plutone, dio dell’Ade, vicenda che avrebbe dato origine al succedersi
perenne della stagione luminosa e calda e di quella buia e fredda.
In
realtà questi culti rivelano anche come l’osservazione dei cicli
naturali attraverso il lavoro agricolo avesse portato all’uomo una nuova
speranza di vita oltre la morte.
Scrive
Mircea Eliade: “ (..) le più importanti sintesi mentali uscirono da
questa rivelazione (l’agricoltura): la vita ritmica, la morte intesa
come regressione. (..) Nella mistica agraria preistorica sta una delle
principali radici dell’ottimismo soteriologico: precisamente come il
seme nascosto nella terra, il morto può sperare in un ritorno alla vita
sotto nuova forma.”
Associati
all’idea di morte e di trasformazione delle forme vitali attraverso la
loro rinascita sono poi tutti i rituali che riguardano o coinvolgono le
operazioni di raccolta, spremitura, fermentazione del vino, analogia del
ciclo vita-morte-trasmutazione o passaggio ad una nuova vita.
Il ciclo dell’uva e la trasformazione in vino ricordano infatti la vita transustanziata in nuove forme
per questo il vino ricorre spesso anche nella simbologia cristiana come
sangue di Cristo, ovvero essenza che contiene lo spirito imperituro
della vita. Proprio
per questa connessione con le operazioni di produzione del vino, la
vite venne già anticamente associata all’Albero della Vita capace di
collegare i due mondi e di attraversare le dimensioni garantendo lo
scorrimento delle energie vitali.
Connessa ai significati dell’Equinozio è anche la festa dell’Arcangelo Michele ancora celebrata nelle campagne in molte regioni dell’Europa, specialmente nel sud dell’Italia. Arcangelo
legato alla forza solare e al vigore marziale, Michele diviene sinonimo
della volontà necessaria ad attraversare il buio della stagione
invernale, della promessa e della speranza.
Egli
appare infatti nell’iconografia cristiana come difensore della Luce che
con una spada in mano abbatte un mostro tellurico accasciato ai suoi
piedi e simbolo delle forze ctonie del male.
Nonostante
dunque in questo momento dell’anno il vigore fisico della natura si
affievolisca l’Arcangelo Michele, festeggiato il 29 settembre, è un
appello al coraggio, alla forza, alla sconfitta della paura che cresce
con l’approssimarsi del buio e della stagione fredda.
Egli rappresenta perciò la forza interiore di ognuno, capace di attraversare l’Abisso per ricominciare un nuovo ciclo.
Ma
se i cicli agricoli danno all’uomo una nuova speranza nell’analogia con
il destino delle forme vegetali che muoiono per trasformarsi e
rinascere, una profonda malinconia si apre parimenti all’uomo dalla
contemplazione del mondo vegetale: “l’uomo è simile al fiore dei campi…”
A
confermare l’ineluttabilità della morte fisica ci penserà col tempo la
scienza empirica anche se l’idea della riduzione dell’intero ciclo della vita
umana ad un minuscolo seme capace di germogliare di
nuovo resta comunque presente nella coscienza di coloro che hanno
intrapreso un cammino di conoscenza e di consapevolezza.
Elisabeth Mantovani
Potete contattare Elisabeth Mantovani scrivendo a:
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