Chi si interessa di simboli nella
storia dell’Arte non può ignorare un periodo, il Medioevo, in cui
l’Arte fu più che mai un’espressione dal carattere trascendente,
del mondo religioso cristiano e nello stesso tempo indissolubilmente
associata alla rinascita politica ed economica dell’Europa.
In un’Europa devastata dalle invasioni e dalle carestie la
speranza per la rinascita e il pensiero della redenzione si
concretizzarono in una visione trascendente del mondo che permeò la
vita quotidiana dell’uomo medioevale in tutti i suoi aspetti.
L'uomo del Medio Evo non si sente al centro
del Mondo come quello dell'Umanesimo e del Rinascimento. Egli è
cosciente della propria finitezza, dell'incommensurabile potenza
delle forze naturali e della dimensione infinita, assoluta e divina
che giace dietro la contingenza dei fenomeni.Il fato è
voluto dalla volontà suprema di Dio e da ciò deriva il pensiero
costante del peccato che entra in gioco quando l’uomo va contro
questa volontà e la ricerca di una possibile redenzione attraverso
l’osservazione della pratica cristiana.
Nell’ XI secolo, sul nascere del nuovo fermento artistico in
Europa legato alla rivalutazione e all’abbellimento delle basiliche
cristiane, è viva, specie nei centri di propulsione della cultura,
ovvero i monasteri, la concezione millenaristica che avrebbe visto
nell’anno mille la fine dei tempi secondo un ben noto passo
dell’Apocalisse di San Giovanni.
Di riflesso la paura di un’imminente fine del mondo, che tra
l’altro si rinnova ad ogni millennio, venne trasmessa al popolo e
contribuì a rafforzare l’idea di una necessaria espiazione delle
colpe commesse durante l’esistenza terrena, della necessaria
redenzione dei peccati al fine di garantirsi la salvezza nel momento
del giudizio assoluto.
Il noto passo dell’Apocalisse secondo Giovanni è fortemente
caratterizzato da un evocativo simbolismo che permea l’intera
scrittura e che non rende immediata l’interpretazione delle parole
dell’apostolo lasciando aperte molte ipotesi e diversi livelli di
lettura.
L’idea di morte e redenzione sono perciò continuamente presenti
nella prima arte cristiana e vengono rafforzate attraverso i secoli
durante l’istituzionalizzazione del nuovo credo: l’intera
esistenza umana è vista come una serie di prove da decifrare al fine
di ricondurre l’uomo alla salvezza della vita eterna. Questa
salvezza ha un'unica via: l’insegnamento di Cristo.
Il pellegrino che attraversa l’esperienza terrena deve saper decifrare questo insegnamento nella foresta di simboli che permeano la sua vita quotidiana, manifestazioni della presenza immanente di Dio nel creato e dei suoi divini messaggi attraverso le cose e gli eventi di tutti i giorni.
Il pellegrino che attraversa l’esperienza terrena deve saper decifrare questo insegnamento nella foresta di simboli che permeano la sua vita quotidiana, manifestazioni della presenza immanente di Dio nel creato e dei suoi divini messaggi attraverso le cose e gli eventi di tutti i giorni.
Ogni evento della vita umana è simbolo di una realtà
trascendente: del mondo di Dio che è alla radice di ogni cosa.
Anche la natura rivela, in questa visione, il mondo divino di cui
è lo specchio ed è proprio San Paolo a pronunciare le famose parole
“videmus nunc per speculum aenigmate” citando con questa frase
una concezione del simbolismo tradizionale che rientra appieno
nell’etica cristiana del medioevo.
Ciò che è interiore e superiore si riflette in ciò che è
esteriore e inferiore secondo una concezione che il Cristianesimo
mutua, seppure con alcune differenze, dal mondo antico e in
specialmodo dall’ellenismo.
Le conquiste di Alessandro Magno avevano portato nell’area
mediterranea ad un’egemonia culturale nella quale tuttavia
coesistevano le tradizioni dei popoli conquistati.
Questo terreno culturale aveva creato le basi per il pensiero
unitario che caratterizzò il primo cristianesimo. Nonostante la
proibizione dei culti pagani da parte di Teodosio nel 391 d.c. miti e
simbologie del mondo antico continuarono ad esistere, seppur in altre
forme, attraverso il simbolismo cattolico e il cristianesimo fu
continuatore, per certi versi, di una certa visione trascendente del
mondo maturata all’interno delle Accademie platoniche proprio in
età ellenistica.
La religione cristiana insieme all’Arte attraverso la quale
trovava il maggior canale di diffusione, fu all’origine una
religione davvero “ecumenica” nel senso che riunificò nel suo
seno i vari culti religiosi presenti in Europa direzionandoli verso
un unico obiettivo: la salvezza riposta nell’insegnamento del
Cristo.
La simbologia cristiana così come l’agiografia, riprende
simboli e miti del mondo antico per re-interpretarli alla luce di una
nuova rivelazione unitaria.
Il retaggio di simboli e miti dell’antichità ebbe per il
Cristianesimo anche una funzione più pratica: avvicinare i popoli
dell’Europa pagana agli insegnamenti di Cristo attraverso immagini
che fossero loro vicine e famigliari.
Il potere delle immagini e dei simboli in esse contenuti è
infatti noto sin dall’antichità classica che ebbe il merito di
dare alla luce i primi sistemi di memoria i quali, da Simonide ad
Aristotele, influenzarono il pensiero filosofico, religioso e
metafisico fino almeno all’epoca di Ramo e all’avvento della
cultura scientista del XVII secolo.
Questi sistemi erano basati sulle immagini e utilizzati
soprattutto a scopi di retorica per favorire gli oratori
nell’articolare discorsi lunghi, incisivi e coerenti.
Aristotele ci dice che ogni idea deriva da una nozione sensoriale
e che dunque le immagini che nascono dai sensi sono alla radice delle
idee che rappresentano.
Molto prima che Tommaso d’Aquino divenisse il più rinomato
“patrono” dell’arte della Memoria durante il XIII secolo, si
era creato, all’interno dell’insegnamento cristiano, un vero e
proprio sistema istruttivo che si basava sulla capacità del fedele
di ricordare e riconoscere, attraverso immagini significative, i vizi
e le virtù, facoltà che gli avrebbe consentito di guadagnarsi la
salvezza attraversando le prove del percorso esistenziale.
Se i temi della dottrina cristiana rimasero gli stessi dall’alto
al basso Medioevo si arricchirono comunque di nuovi elementi ed anche
le cattedrali rispecchiarono gli schemi sempre più organizzati per
memorizzare i testi biblici e il vangelo di Cristo.
Fu così che esse divennero veri e propri libri di pietra oltre
che bibbie dei poveri: attraverso il potere delle immagini scolpite
sulle pareti delle cattedrali si potevano imprimere nella memoria del
fedele intere liturgie e, nel medesimo tempo, istruire alla dottrina
cristiana i numerosi analfabeti.
In questo periodo rinacque, proprio all’interno dell’ambiente
cristiano, l’arte oratoria che fu coltivata in seguito soprattutto
dall’ordine dei domenicani (XIII secolo): da qui provennero
eccellenti nomi quali lo stesso Tommaso d’Aquino e il monaco
Alberto Magno.
I principali fautori dei sistemi di memoria basati sulle immagini
che si diffondevano attraverso i codici miniati e l’iconografia
delle grandi cattedrali, furono i monaci.
La
rinascita delle cattedrali intorno all’anno 1000 si deve
principalmente all’attività di propulsione dell’abbazia
di Cluny in Borgogna.
Sorta
nel 910 l’abbazia cistercense fu protagonista della rinascita
religiosa, culturale, artistica ma anche economica e politica
dell’Europa. Nell’ XI sec. molti monasteri, anche in Italia si
affiliarono a Cluny. Dalla politica cluniacense partì la prima
crociata nel 1096, tre anni prima della fondazione del
Duomo di Modena.
I
temi e i modi dell’architettura romanica si può dire che furono in
gran parte suggeriti da Cluny.
L’abbazia
borgognona influenzò anche l’icnografia delle nuove cattedrali,
ovvero la forma della pianta architettonica. I motivi scultorei,
i numeri e i rapporti geometrici degli organismi architettonici non
furono mai casuali ma basati su precise significazioni simboliche o
addirittura in relazione a ritmi liturgici e scale musicali come ha
suggerito M. Schneider in “Pietre che cantano”.
Il Medioevo porta con sé il sentimento di una grande trasformazione che stava avvenendo e che avrebbe coinvolto il mondo intero. A questo cambiamento sono direttamente associati da una parte la rinascita artistica ed economica dell’Europa e dall’altra l’istituzionalizzazione del Cristianesimo, fenomeni indissolubilmente intrecciati tra di loro.
E’ agli ordini monastici, cistercensi e benedettini in primo
luogo, che si deve da un lato la preservazione del sapere antico
attraverso la febbricitante attività degli scriptoria, e dall’altro
la rinascita culturale ed economica dell’Europa che prese
sicuramente avvio dall’apertura di numerosi cantieri per la
costruzione di nuove e sempre più imponenti cattedrali cristiane nel
cuore dei centri abitati o nel luogo di precedenti siti di culto.
In questa atmosfera di forte sentimento religioso e di
trasformazione si attua uno straordinario recupero dei temi
antichi che vengono rivalorizzati e reinterpretati alla luce
delle nuove rivelazioni del Cristianesimo.
Le cattedrali diventano veri e propri libri di Pietra non solo
perché in esse è illustrato l’insegnamento dei vangeli attraverso
le immagini scultoree ma perché queste immagini spesso costituiscono
una vera e propria summa del mondo antico: vi troviamo favole
latine e greche, miti del mondo classico, ierofanie che appartengono
a culti precedenti, non soltanto europei.
Il recupero, non solo dei temi, ma anche del materiale proveniente
dal mondo antico o da epoche passate è una costante che prefigura
l’Arte romanica come anticipatrice del mondo moderno.
Le prime cattedrali sorgono infatti su precedenti luoghi di culto:
basiliche e necropoli romane, templi etruschi, luoghi dedicati al
culto delle energie naturali dove s’incrociano correnti d'acqua
medicamentose o dove si riscontra un particolare magnetismo del
suolo.
Le chiese vengono inoltre direzionate verso punti astronomici di
particolare interesse connessi con il ritorno del Sole o di una
determinata stella in una posizione particolare del cielo durante il
corso dell’anno.
La geometria sacra degli edifici religiosi medioevali è
largamente influenzata dall’astronomia.
Già nel 325 d.c. il concilio di Nicea ribadiva una delle regole
fondamentali per la costruzione degli edifici religiosi: le chiese
devono essere orientate “Versus Solem Orientem” poiché la Luce è
uno dei motivi fondamentali, simbolo sia della via salvifica e di
Cristo che della nuova rinascita che stava avvenendo nel suo Nome.
Le conoscenze geometriche ed astronomiche su cui si basava la
costruzione delle chiese erano principalmente contenute nei trattati
di architettura di Vitruvio ma soprattutto nei testi di Geberto de
Aurillac.
Quest’ultimo fu un personaggio chiave della rinascita
dell’Europa cristiana e contribuì in modo fondamentale alla
diffusione delle idee e delle conoscenze che avrebbero influenzato
l’orientamento delle chiese, dei monasteri e delle basiliche verso
direzioni astronomiche significative.
Egli
fu Astronomo, matematico, musicista apprese la scienza araba a Vich
in Catalogna e dopo essere stato abate di Bobbio, arcivescovo di
Reims e di Ravenna divenne Papa col nome di Silvestro II.
Passò alla storia come il “papa che amava le stelle” anche per la sua insistenza riguardo alle regole dell’orientamento astronomico delle cattedrali.
Passò alla storia come il “papa che amava le stelle” anche per la sua insistenza riguardo alle regole dell’orientamento astronomico delle cattedrali.
Diverse
bolle papali dal IV secolo in poi, alcune emesse dallo stesso
Silvestro II, raccomandano di orientare le chiese non solo Versus
Solem Oriente ma anche Versus
Sol Aequinoctialis, ovvero
verso il punto in cui il Sole sorge il giorno dell’Equinozio di
primavera.
La linea degli Equinozi viene scelta a preferenza rispetto ai punti solstiziali che spesso marcavano la direzione dei luoghi di culto pagani. Scegliendo la linea equinoziale si voleva dunque distinguere le nuove chiese dai precedenti luoghi di culto.
La linea degli Equinozi viene scelta a preferenza rispetto ai punti solstiziali che spesso marcavano la direzione dei luoghi di culto pagani. Scegliendo la linea equinoziale si voleva dunque distinguere le nuove chiese dai precedenti luoghi di culto.
I punti dove sorgevano le cattedrali e i siti monastici non erano mai casuali. Spesso si trattava di luoghi dove si trovavano anticamente templi pagani o, come nel caso del monastero di Bobbio, di siti in cui si riscontrava un particolare magnetismo del suolo.
Sorto intorno al VII secolo in mezzo a una foresta su un’importante rete viaria, Bobbio e il suo fondatore, il monaco irlandese San Colombano, ebbero un ruolo particolare nella storia dell’alto e del basso medioevo.
Il monastero di Bobbio fu costruito infatti su un’importante via di comunicazione che collegava il Mare Ligure alla pianura padana e vicino ad un ponte di origine romana.
Anche
per questo monastero furono riutilizzati materiali provenienti da
precedenti costruzioni site in loco e di origine romana.
Trovandosi
al centro di un importante crocevia anche Bobbio, come altri
monasteri, fu meta di pellegrini che, durante tutto il Medioevo,
attraversavano a piedi lunghe distanze da un luogo sacro all’altro
favorendo lo scambio e la circolazione di merci, tecniche ed idee e
contribuendo alla ricchezza espressiva e a quell’incrocio
d’influenze culturali che si riscontra nell’arte
romanica.
L’espressività dell’arte romanica si deve anche al libero utilizzo di materiali e simbologie provenienti dai precedenti luoghi di culto e dal mondo pagano.
Laddove, nei luoghi prescelti per l’edificazione delle nuove chiese, rimangono vestigia di precedenti siti sacri le maestranze medievali ne riutilizzano sapientemente i materiali spesso cambiandone la destinazione e riadattandone il significato al culto cristiano.
L’espressività dell’arte romanica si deve anche al libero utilizzo di materiali e simbologie provenienti dai precedenti luoghi di culto e dal mondo pagano.
Laddove, nei luoghi prescelti per l’edificazione delle nuove chiese, rimangono vestigia di precedenti siti sacri le maestranze medievali ne riutilizzano sapientemente i materiali spesso cambiandone la destinazione e riadattandone il significato al culto cristiano.
Storie e miti appartenenti alla mitologia classica si
trasformano e riadattano per spiegare la vita e i prodigi dei santi
medievali.
Gli animali mitologici che accompagnano il culto degli dèi e
degli eroi divengono simbolo dei santi o delle facoltà di Cristo.
Accade così che animali sacri agli antichi come l’Aquila o il
Leone vengano presi a prestito per simboleggiare la doppia natura di
Cristo o per accompagnare le raffigurazioni di santi come San
Vincenzo che, sollevato in cielo dagli uccelli, riprende il mito
greco di Ganimede rapito dall’Aquila, o il Santo eremita Gerolamo
accompagnato spesso dal leone o da altri animali che sottolineano la
facoltà dell’anacoreta di gestire le forze ctonie e la veemenza
delle umane passioni.
Un’altra peculiarità di tutta l’arte medievale è
l’assenza di proporzioni e la potenza immaginativa delle
figurazioni che si liberano in intrecci fitomorfi, animali, mostri,
esseri ibridi e umani.
Quest’enfasi espressiva è accentuata dalla tendenza a riempire
ogni spazio vuoto che ha un eccelso precedente nell’arte
mediorientale.
Molti erano stati gli scambi, durante l’alto medioevo, tra le
culture e i popoli che avevano invaso l’Europa e portato a
quell’intreccio di stili e tecniche che costituisce una delle
peculiarità dell’arte romanica.
L’architettura e la scultura delle cattedrali romaniche non
fanno leva sulla coerenza dello stile tuttavia si rimarcano motivi
ricorrenti che compaiono sia nelle chiese irlandesi come in quelle
del sud Italia.
Mancano inoltre del tutto le proporzioni classiche ma si nota una
spiccata armonia di volumi ed una peculiare bellezza compositiva
dell’insieme.
La critica d’arte è ancora concorde nel considerare il Medioevo
un periodo in cui ancora non è avvenuta una significativa rinascita
in senso culturale ed artistico.
La scultura a tuttotondo è pressoché inesistente così come il
senso delle proporzioni.
Ma se si considera che l’Arte Medioevale non ha una funzione
plastica e rappresentativa come quella classica ma simbolica e
trascendentale questa affermazione viene in parte a cadere.
Troveremo lo stesso lirismo ed espressività in un filone
“emotivo” e, se ci è concesso, “romantico” che lega tra di
loro la fantasia etrusca, la spinta trascendente dell’arte
medioevale e la “via misteriosa”, per citare Novalis, che anima
la tensione degli artisti di fine 1700 e inizio 1800.
L’Arte Medievale è per certi versi un’espressione collettiva
dai toni popolari, dal carattere universale e fortemente espressivo:
non sono noti infatti (a parte pochi casi, come l’architetto
Lanfranco che costruì anche il Duomo di Modena, o gli scultori
Nicolaus e Wiligelmo che operarono il primo a Ferrara, Verona e in
Piemonte, il secondo a Modena) i nomi dei maestri che costruirono e
adornarono le abbazie, le cattedrali e le pievi che sorsero numerose
in questo periodo in tutta l’Europa continentale e in special modo
in Italia e in Francia.
Sono note invece le confraternite di muratori quali ad esempio i
maestri Comacini che operarono anche a Modena al seguito
dell’architetto Lanfranco e che si tramandavano per generazioni i
segreti della lavorazione artigianale delle pietre, dei marmi ma
anche del vetro e dei metalli che servivano come finiture ed
ornamento delle cattedrali.
Su queste confraternite si sono imbastite nel tempo storie e
supposizioni curiose che meritano un capitolo a parte.
Quel che ci interessa sottolineare invece all’interno di esse è
la straordinaria etica del lavoro che trova precedenti solo nel
prestigio professionale di cui godevano gli artigiani/artisti/scribi
in epoche arcaiche come nell’antica società egiziana (vedi stele
di Irtisen) o presso le antiche civiltà mesopotamiche.
I misteriosi marchi dei maestri artigiani erano senz’altro un
motivo di orgoglio professionale più che di prestigio sociale.
Alcuni di essi passeranno più tardi, a partire dal periodo delle
corporazioni delle arti e dei mestieri in età comunale e poi
signorile, a designare non il prestigio di un lavoro ben svolto ma
quello di una famiglia o di un gruppo di artigiani.
I
Marchi dei Maestri lapicidi
riproducevano perlopiù strumenti di lavoro come il compasso,
divenuto poi celebre simbolo delle logge massoniche. Più che un
misterioso linguaggio in codice questi simboli erano forse semplici
manifestazioni dell’acquisizione di una tecnica e di un lavoro ben
svolto. Essi servivano inoltre al capo mastro per riconoscere il
lavoro svolto da ogni lapicida.
I
blocchi di marmo venivano infatti spesso ricavati da cave lontane dal
cantiere ed ogni lapicida, ponendo il proprio marchio sul blocco
estratto, dava così la possibilità al capo cantiere di controllare
il lavoro svolto da ognuno oltre che di riconoscere i marmi dello
stesso tipo per la costruzione di un muro o di un’altra parte della
cattedrale.
Elisabeth Mantovani - da Modena nell'Alto Medioevo ed. Terra e Identità