Articoli: Modena, 7 Storie Misteriose

IL CANALE MODONELLA
La toponomastica modenese porta con sé la memoria dei numerosi canali che sin dall'antichità romana contribuirono a rendere florida l'economia della città.
Tra le vie che ci riconducono ai corsi d'acqua che attraversavano la città ce n'è però una in particolare che si collega direttamente al nome di Modena: è la Via Modonella che si estende dalla centrale Piazza Roma a Via Fonteraso.
Secondo alcune fonti sembra che sia stato proprio questo canale di acque limpidissime a dare, in tempi antichi, il nome alla città di Modena. Secondo la “Cronachetta di San Cesario” (XVI secolo),
il canale si chiamava originariamente Muculena e gli abitanti della città che da esso traeva nome erano detti “mucolonesi”. Secondo un altro documento del Seicento il canale, dai fontanazzi di San Faustino, entrava in città attraverso Porta San Paolo. Esso si trova menzionato in antichi documenti presenti nel vicino monastero di San Pietro già all'epoca della sua fondazione (X secolo) e avrebbe dato nome alla città di Modena. Il canale all'origine si sarebbe chiamato Mutina poi Mutinella perché le acque, già nel XIII secolo, erano diminuite e poi rivolte altrove.


UN PREZIOSO MOSAICO
La chiesa di Santa Maria delle Assi è sicuramente una delle più antiche e particolari della città di Modena. Nel corso degli scavi del 1934 in Vicolo Santa Maria delle Assi venne rinvenuto un prezioso frammento di mosaico policromo risalente al periodo tra la seconda metà del IV secolo d.C. e gli inizi del V secolo, ovvero il periodo in cui visse e morì Geminiano, patrono della città.
Il mosaico fu rimosso e tuttora giace nel sottosuolo poiché non si è trovata una collocazione adeguata. Di pregevole fattura, raffigura una raffinata figura femminile che indossa orecchini, collana, ornamenti di perle tra i capelli e porta una cornucopia.
Secondo alcuni studiosi questo mosaico sarebbe parte del pavimento di una villa romana di età tardo antica e un'immagine della fertilità e dell'abbondanza associata, in età classica, a divinità come Demetra o Proserpina. Secondo altri sarebbe invece da ricondurre alla titolazione mariana della prima cattedrale di Modena che troverebbe dunque collocazione in questa zona ove sorge ora la chiesa di Santa Maria delle Assi.
L'intitolazione a Maria Vergine, congiuntamente a quella a San Geminiano, si conserva infatti anche per l'attuale Duomo che porta l'esatta denominazione di “
cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta in Cielo e San Geminiano”.

IL POZZO DEI FANTASMI
L'incrocio tra le vie Emilia, Farini e San Carlo è da tempo identificato come il “centro” di Modena.
Esso è detto anche “quadrivio delle quattro colonne”. Al centro di questo incrocio era infatti posta, fino alla metà del Settecento, una colonna di marmo con alla sommità una croce detta “Croce della Pietra”. Nel Medioevo era un'usanza tipica collocare simili croci all'inizio di una via o di un incrocio. Nel periodo delle lotte per le investiture, ai tempi dell'imperatore Federico Barbarossa, i modenesi avevano gettato molti cadaveri di soldati tedeschi in un pozzo collocato proprio nel “quadrivio delle quattro colonne”. Di notte i fantasmi di questi soldati spaventavano i residenti e perciò, secondo la tradizione, venne qui eretta una cappelletta con una croce.
La cappelletta venne demolita nel 1614 mentre la croce del XII secolo fu tolta per dare posto a un'altra croce eretta su di una colonna. La prima croce si trova ora nel Palazzo dei Musei mentre la seconda croce fu collocata nel cimitero di San Cataldo.

APPRENDISTA STREGONE
Pochi ancora sono a conoscenza dell'importanza di Modena come centro di studi della Kabbalah ebraica e dell'Alchimia durante il Rinascimento.
Angelo Mordechai nipote di Mordechai da Modena e figlio prediletto di Leone da Modena, illustre quanto mai discusso personaggio dedito all'alchimia, fu lui stesso studioso di Kabalah e praticante alchimista.
Mordechai, di origine modenese ma risiedente a Venezia insieme al padre Leone, aveva aperto un laboratorio di alchimia insieme a un certo Giuseppe Grillo. Nel 1615, dopo lunghi esperimenti, credette di aver creato 10 once di argento puro da nove once di piombo e un'oncia di argento. Quello che Mordechai aveva creato era però
arseniato di rame! Il processo di creazione durò per mesi e il povero Mordechai morì avvelenato dalle esalazioni del composto chimico da lui elaborato. Secondo il racconto di Leone da Modena il sangue fluiva dalla testa di Mordechai incessantemente attraverso la bocca.
Mordechai non fu il solo a cimentarsi in questi esperimenti. Prima di chiamarsi via Coltellini, la stradina che costeggia a sinistra l'attuale Sinagoga prendeva in nome da un certo Daniel Machari, orefice ed alchimista tedesco, assassinato nel suo laboratorio a seguito di un parapiglia durante il quale Daniel avrebbe tentato di ricavare proventi dall'”oro” prodotto nel suo laboratorio.
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LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE
Nella cripta del Duomo di Modena, di fianco al gruppo cinquecentesco dell'artista Guido Mazzoni, si trova un'interessante lapide dedicata a Gundeberga, "donna nobile e generosa". La lapide proverrebbe dalla seconda chiesa di San Geminiano collocata sul luogo dell'attuale cattedrale ove si trovava il sepolcro del santo. Nella lapide, molto consunta, la data è segnata al modo dell'antica Roma ovvero nominando i consoli in carica nel periodo preso in considerazione. Tuttavia, nell'anno 570 segnato nella lapide come anno di morte di Gundeberga, l'impero era già crollato da tempo e non esistevano consoli in carica, inoltre i nomi citati sono del tutto sconosciuti.

L'INDIA MISTERIOSA
Le metope del Duomo di Modena sono ben note agli storici dell'arte che bene le inseriscono tra i capolavori più eccelsi di quell'arte romanica “anti o contro-natura” che produsse le sculture più favolose e spettacolari dell'epoca.
Tra queste otto lastre, conservate presso i Musei del Duomo, una in particolare ci porta direttamente in Oriente. Vi è raffigurato un uomo finemente vestito con i capelli lunghi, lisci, ben pettinati e fluenti sulle spalle. I suoi lineamenti sono tipicamente orientali tanto da non farci dubitare sulla sua provenienza. Ma ciò che più sorprende è la posizione: una postura di mirabile equilibrio degna del più esperto yogini. Nello yoga una posizione identica è chiamata “eka pada radakapotasana”, la “posizione del piccione reale”, tale da far assomigliare, coloro che si esercitano in un tale equilibrio, a dei volatili. Nella pratica dello yoga questa posizione ha un significato ascensionale e contribuisce ad
allontanare i sensi dagli oggetti del mondo materiale, un significato mistico che dunque non è lontano dal luogo sacro in cui la lastra fu posta: il tetto della cattedrale.
Anche se qui ci troviamo di fronte a un personaggio equilibrato nelle forme, c'è da aggiungere che le immagini di un'India visionaria, popolata di esseri fantastici e di animali mostruosi erano molto frequenti nel Medioevo romanico, epoca in cui l'Occidente si espandeva all'esterno attraverso i viaggi dei pellegrinaggi, dei mercanti e delle crociate.
Per l'uomo medievale l'India restò tuttavia a lungo un mondo chiuso e precluso, infine irraggiungibile. Qui l'Occidente proiettava i propri desideri inconsci: desiderio dell'innocenza corporale, di liberazione sessuale oppure di una fulgente ricchezza che, ancora nel XII secolo, guardava da lontano il mercante così come il borghese viaggiatore occidentale.

OCEANO PADANO
Dal centro di Piazza Grande, guardando verso la porta Regìa della cattedrale, possiamo scorgere appeso all'edicola del portale, un osso di balena.
Di quest'osso si ha notizia nei documenti a disposizione solo a partire dal 1518 ma sembra fosse lì anche molto prima. In un Medioevo provvidenziale, dove ogni cosa rinvenuta veniva interpretata come un segno benevolo o malevolo mandato da Dio, anche l'osso di balena rientrò in quest'ottica e fu posto sulla cattedrale. Amuleto “provvidenziale”, l'enorme osso sul fianco meridionale della cattedrale testimonia il sostrato folkloristico soggiacente ai culti e alle credenze del Medioevo cristiano. L'osso, di incerta provenienza, ci ricorda ad ogni modo, come la Pianura Padana sino a un milione di anni fa fosse sommersa dal mare e come ancora, negli strati più remoti del sottosuolo, possano affiorare “lontani ricordi”.

Elisabeth Mantovani
Storico dell'Arte e guida turistica
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