Mappa
del 1600
Il perché la città di Ferrara rientri sin dal 1995
tra i siti patrimonio dell’Unesco lo si può intuire dall’unicità
della sua storia all’interno delle vicende dell’Emilia Romagna e
della sua unicità a confronto con gli altri insediamenti urbani
della regione costruiti tutti intorno al grande asse della via
Emilia.
Non solo: l’unicità di Ferrara si distingue anche
dal fatto che è forse la sola tra le città italiane ad essere
costruita intorno a una pianta originale che non è di derivazione
romana ma bensì rispecchia ed ha potuto avvicinarsi concretamente al
concetto umanistico di città Ideale.
Ferrara è la città meno antica della regione Emilia
Romagna. Il primo insediamento si registra intorno al VI secolo
quando un nucleo abitativo si insedia intorno alla chiesa di San
Giorgio dove viene trasferita la sede episcopale dopo la distruzione
di Voghenza (VII secolo).
Già da questo periodo l’insediamento prende la tipica forma
lineare che lo distingue dalle altre città italiane di derivazione
romana costruite intorno ad un nucleo centrale e non intorno ad un
asse lineare.
Nel X secolo Ferrara è, come molte città della regione, sotto il
dominio degli Attoni di Canossa.
Un episodio importante per la storia della città avviene qualche
decennio più tardi il dominio canossiano quando nel 1152 il Po muta
la sua rotta deviando a nord con la nuova rotta di Ficarolo.
Il fiume aveva influito notevolmente sullo sviluppo della città
che da questo momento si troverà bagnata da un rigagnolo
d’importanza secondaria (ora Po morto di Primavo).
E’ a partire dal 1240 che inizia finalmente a compiersi il
grandioso destino della città che diventerà dal tardo medioevo al
Rinascimento un centro artistico e letterario unico in tutta Europa e
nel corso della sua storia, una città che si attesterà a partire da
questo momento per la sua avanzatissima ed originale cultura, per
essere un centro artistico capace di far confluire e armonizzare in
suo seno correnti culturali e personaggi illustrissimi foggiando
un’immagine culturale, sociale e politica che ancora oggi mantiene
la sua peculiare unicità nel panorama della storia.
Nel 1240 s’insedia al governo della città, grazie all’appoggio
veneziano, quella che sarà la dinastia più caratterizzante non solo
di Ferrara ma dell’intero territorio emiliano: gli Estensi.
In epoca tardo-gotica (1385) inizia la costruzione del Castello di
San Michele dapprima fortezza e nucleo dell’insediamento cittadino
poi dimora residenziale verso la metà del XV secolo.
Sempre nello stesso periodo viene fondata l’Università
cittadina favorita anche dal grande accrescimento urbano.
L’Università di Ferrara fu sede di importantissimi studi
scientifici ed umanistici: vi transitarono grandi menti come
Paracelso (1493-1541) richiamato da Ercole I, e Copernico (1473) che
studiarono ed insegnarono qui.
La confluenza di menti illuminate e di artisti non solo di
grandissimo talento ma anche di inestimabile originalità fu a
Ferrara sorprendente tra il XIV e il XVI secolo. Verso la fine del
1500 il debole polso del duca Alfonso I non seppe reggere alle
pressioni dello stato pontificio che da tempo premeva per estendere i
propri domini in quest’area.
Dapprima furono i Borgia che macchinarono per assurgere al potere
di Ferrara ma fu solo dopo la morte di Alfonso I che Ferrara,
indebolita e stremata dalle lotte con i veneziani e con le truppe di
Giulio II cedette alle pretese di quest’ultimo e la capitale del
ducato Estense fu definitivamente spostata a Modena nel 1598.
Prima di questa data Ferrara mantenne il prestigio di capitale di
un ducato che si estendeva a buona parte dell’Emilia e che, seppure
di non larghissime dimensioni, fece di questo territorio una meta
prestigiosa, conosciuta non solo in Italia ma anche in Europa.
Sono soprattutto Lionello (1441-1450) e il suo successore Borso
(1451-1471) a fare di Ferrara un centro artistico e letterario di
fama europea.
Già prima di loro Niccolò III d’Este aveva comunque preparato
il terreno per l’ascesa economica e culturale della città seguendo
un’efficace e abile politica di governo.
Durante il governo di Lionello e di Borso soggiornarono a Ferrara
i più grandi artisti dell’epoca: Piero della Francesca, Andrea
Mantegna, Pisanello.
Ferrara ebbe in questo periodo anche il merito di introdurre il
realismo fiammingo attraendo a corte il più grande artista
dell’epoca proveniente dalle Fiandre: Rogier Van Der Weiden
soggiornò e lavorò a Ferrara alla corte di Lionello d’Este
influenzando la nascita di una vivace scuola ferrarese caratterizzata
dal dinamismo e dall’intensità emotiva che il pittore fiammingo,
denominato “inventore della realtà”, lasciò in eredità
attraverso le sue opere.
Fu con Borso d’Este che queste peculiarità artistiche vennero
pienamente alla luce dando vita alla più originale scuola pittorica
dell’epoca capitanata dalla misteriosa e ascetica personalità di
un grande pittore: Cosme Tura.
Verso la fine del XIV secolo e durante tutto il periodo del
governo illuminato di Lionello e poi di suo fratello Borso si
diffusero nella città palazzi dedicati allo svago e al piacere
chiamate “delizie”.
Di questi splendidi esempi di architettura civile e insieme
decorativa urbana rimangono Palazzo Marfisa e soprattutto Palazzo
Schifanoia (schivar la noia) entrambi posizionati nell’estrema zona
est della città poco distanti dai suggestivi viottoli medioevali del
quartiere ebraico.
E’ purtroppo andato perduto lo splendido studiolo Belfiore
rifugio intellettuale e creativo di Borso d’Este. Di questa delizia
rimangono a testimonianza le splendide allegorie delle muse Thalia ad
opera di Michele Pannonio ora conservata al museo nazionale di
Budapest, Polimnya di un autore ancora sconosciuto e soprattutto
della musa Erato (detta anche la Primavera) di Cosme Tura conservato
alla National Gallery di Londra.
E’ nella pittura di Cosme Tura che si percepisce più
distintamente l’originalità della scuola ferrarese.
Nel Quattrocento si incontrano a Ferrara almeno quattro stili: il
purismo formale di Piero della Francesca, lo storicismo di Leon
Battista Alberti, il ben diverso storicismo del Mantegna e il
realismo fiammingo di Van Der Weiden.
Di queste influenze Cosme Tura inasprisce i contrasti, egli è
fortemente affascinato e legato al mondo medievale e cavalleresco
tuttavia la sua arte non è per nulla anacronistica: Tura è animato
dai principi dell’Astrologia e dell’Alchimia che erano materie
ancora vive nell’Università ferrarese.
Egli mira a trovare una sintesi tra perfezione mechanica medievale
e perfezione intellettuale rinascimentale.
La sua pittura pone il problema della spiritualità ma da un punto
di vista che non è storico eppure ugualmente attuale per l’epoca:
è attraverso il fare pittorico che l’anima assurge, in un continuo
processo di trasformazione, alla perfezione, come un metallo lavorato
nel crogiuolo dell’alchimista così il colore-materia di Tura di fa
luce-metallo in continuo movimento.
Tura influenza lo stile della scuola ferrarese che si manifesterà
apertamente nella sala dei Mesi di Palazzo Schifanoia dove
lavoreranno altri due grandi pittori suoi contemporanei
successivamente attivi anche a Bologna: Francesco dal Cossa e Ercole
dè Roberti.
Una disperata tensione spirituale e un sentimento misterioso e
tragico animano le opere del Tura che può essere considerato un vero
e proprio mistico che attraverso il fare della tecnica mira
continuamente a superarsi.
L’arte del Tura ricorda il “fare degli spiriti eletti”
evocato più di un secolo prima nelle opere di Simone Martini.
Nel Salone dei mesi di Palazzo Schifanoia si condensano anche i
significati più profondi della politica delle immagini attuata da
Borso d’Este che si palesa anche nella Bibbia di Borso capolavoro
miniato ora conservato presso la Biblioteca Estense di Modena.
Il coordinatore dei lavori fu probabilmente Pellegrino Prisciani,
umanista e astrologo di corte.
Nel secolo scorso lo storico tedesco Warburg arrivò a collegare
le raffigurazione presenti negli affreschi del salone dei mesi alla
mitologia astronomica di matrice araba.
All’epoca nella biblioteca estense circolavano i volumi del
matematico e astronomo persiano Albumasar (IX sec.) di cui il
Prisciani era profondo conoscitore.
Quello che risulta dunque sulle pareti del significativo salone
dei mesi è una vera e propria commistione tra precetti di
Astrologia, mitologia di stampo mediorientale e propaganda politica.
La politica di Borso favorì un periodo di pace e di relativa
prosperità nonostante il duca fosse spesso accusato di manipolazione
e di poca chiarezza.
Questo periodo di prosperità continuò anche durante il governo
di Ercole I successore di Borso.
Se a Borso di deve l’addizione che ampliò la città medioevale
a est verso i palazzi Schifanoia e Marfisa è sotto il governo di
Ercole I nel 1492 che Ferrara viene sostanzialmente modificata nella
sua planimetria grazie all’intervento dell’architetto di corte
Biagio Rossetti.
L’addizione impostata a partire dal limite settentrionale della
città (attuale asse Corso Cavour – Corso della Giovecca) raddoppia
il perimetro urbano e da una forma allungata che si estendeva
est-ovest assume l’attuale e riconoscibilissima forma trapezoidale.
La pianta disegnata da Biagio Rossetti sebbene il progetto non fu
portato a completa attuazione a causa dell’occupazione pontificia
che costrinse gli Estensi verso Modena, ha permesso alla città di
espandesi e di trasformarsi nel suo centro in modo armonioso fino ai
nostri giorni.
La soluzione urbanistica di Rossetti è inoltre per l’epoca
straordinariamente moderna e destinata a durare nel tempo.
Rossetti integra i quartieri signorili con la città dei sudditi
facendoli armoniosamente dialogare entro le mura della città e senza
creare subordinanza dell’uno all’altro come in altre città
italiane dell’epoca.
Oltre a rispecchiare i canoni di città ideale la planimetria del
Rossetti rispose all’epoca anche a concrete esigenze di tipo
urbanistico e civile confermandosi a tutt’oggi un mirabile esempio
di progettazione architettonica e urbanistica.
Al centro dell’addizione che si snoda lungo di Corso della
Giovecca, Rossetti pone il Palazzo dei Diamanti: il fulcro dei nuovi
quartieri non sono più le piazze o i monumenti ma l’attenzione è
rivolta ai particolari dei palazzi e in special modo alle squisite
decorazione degli angoli e delle balconature ad angolo, in questo
modo Rossetti accentua la fuga prospettica delle vie.
Il nuovo quartiere non appare rigido e imbrigliato in una griglia
ma anzi è intervallato da spazi verdi e decorazioni in cotto che
abbelliscono palazzi ed edifici pubblici dando continuità al
passato.
Analizzando la pianta zenitale di Ferrara si riscontrano inoltre
regole e proporzioni sorprendenti che l’avvicinano al concetto di
città ideale specchio dell’armonia del cosmo, un’immagine
neoplatonica che circolava all’epoca presso le corti italiane
influenzate nuovamente dall’harmonia mundi dei greci attraverso i
precetti del neo-platonismo.
E’ ad esempio perfettamente uguale la lunghezza dei due assi che
collegano le quattro porte della città. Inoltre se si traccia un
raggio che parte dal Castello di San Michele al Quadrivio della porta
degli Angeli e si centra sul Castello esso intercetta San Francesco;
fatto centro sull’incrocio di porta degli Angeli intercetta San
Benedetto e San Cristoforo alla Certosa, ovvero tutte le architetture
più importanti attribuite al Rossetti!
Nel Cinquecento la città mantiene il suo indissolubile legame con
il mondo magico e medioevale grazie alla poesia epica e cavalleresca
che continuò i modi, le maniere e la mentalità cortese
proiettandoli nel futuro del mondo rinascimentale.
Ne furono protagonisti i più importanti poeti italiani del
genere: prima Matteo Maria Boiardo con la sua poesia cavalleresca,
poi il poema epico dei grandi Ludovico Ariosto e Torquato Tasso.
Grandi personalità che contribuirono a intessere intorno a
Ferrara un clima di unicità: un’inequivocabile, originale magia
che si percepisce a tutt’oggi e che è nostro dovere comprendere e
preservare dando la possibilità alle generazioni future di
assaporare il mondo immaginale che ha reso grande e unica Ferrara in
tutto il mondo.
Elisabeth Mantovani