Articoli: L'origine persiana dei Re Magi nelle raffigurazioni della Tarda Antichità

  La tradizione figurativa relativa alla vicenda dei Magi può essere fatta risalire già al II secolo: ne troviamo esempi in alcune catacombe romane come quelle di Priscilla, di Pietro e Marcellino, di Domitilla. I Magi vi si trovano in numero variabile, figurati in una processione che ricorda un topos iconico persiano: la teoria dei popoli assoggettati che si presentano come supplici dinanzi al conquistatore offrendo tributi. La raffigurazione dei Magi nella Cappella Greca della catacombra di Priscilla può essere considerata la più antica raffigurazione dei Tre Re: essi sono rappresentati in movimento mentre si avviano con i doni protesi verso la Madonna seduta con in braccio il Bambino. Lo stesso soggetto lo troviamo nelle catacombe di Domitilla e di Callisto dove i Magi sono rappresentati con figure di giovani di profilo vestiti all'iranica.

Le prime rappresentazioni figurative dei Magi trovano infatti grandi analogie con le scene scolpite sulla scalinata della Sala delle Udienze a Persepoli (Apadâna). Questa sala, iniziata da Dario I, fu completata da Serse I (519 a.C. – 465 a.C.) a cui si deve la decorazione delle scalinate nord ed est con le processioni degli offerenti. L’Apadâna è l’edificio più grande dell’antica capitale achemenide ed era utilizzato principalmente per i ricevimenti di tutti i rappresentanti delle nazioni assoggettate dall’Impero persiano: sulle scalinate, decorate da Serse I, possiamo vedere scolpiti questi ambasciatori mentre portano doni al sovrano achemenide. A questa sala di rappresentanza appartiene anche un interessante rilievo in cui sono raffigurati i rappresentanti dell’Armenia mentre offrono al sovrano il loro famoso vino. 

Questi portano il berretto frigio così come lo si ritrova nell’abbigliamento dei Magi raffigurati nei rilievi e nei mosaici ravennati della Tarda Antichità. Le stesse processioni dei rappresentanti dei popoli dell’Impero le ritroviamo nei rilievi del Tachara, o Palazzo di Dario. Se «le decorazioni della scalinata sud presentano dei simboli di Norouz», «le parti ascendenti rappresentano dei medi e arachosi che portano animali, barattoli e bottiglie. Questi sono probabilmente sacerdoti provenienti da luoghi sacri zoroastriani, come il lago di Urmia in Media e il Lago di Helmand in Arachosia, che portano oggetti necessari per le cerimonie».


 Le sorprendenti analogie, nel ritmo compositivo e nell’abbigliamento delle figure degli offerenti, ci riportano a Ravenna, città nella quale le raffigurazioni dei Magi dovevano essere numerose già nel V secolo.
 È in questo periodo che, nelle raffigurazioni dei Magi, compare anche la stella come un astro a cinque punte: troviamo questo tipo di descrizione in due formelle facenti parte della Cattedra d'avorio di Massimiano, conservata al Museo Arcivescovile di Ravenna e risalente a questo periodo. Una stella a otto punte guida invece i magi anche nei famosi mosaici di Sant’Apollinare Nuovo risalenti all’epoca giustinianea, ovvero la seconda metà del VI secolo.
Ravenna fu per un certo periodo fu capitale dell’impero e più tardi sede dell’esarca bizantino, perciò il culto dei magi doveva essere fiorente e le loro rappresentazioni numerose poichè rappresentavano la particolare concezione del culto monofisita che aveva grande diffusione in Oriente. Secondo questo culto la persona umana e divina di Cristo sono indissolubilmente unite in un'unica natura. La decorazione musiva parietale del lato settentrionale della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo ci offre un’interessante descrizione della processione dei Magi che offrono i loro doni a Cristo Bambino. Il mosaico originale teodericiano doveva rappresentare probabilmente un corteo di dignitari ariani che in seguito al rescritto di Giustiniano del 561 venne condannato alla cosiddetta damnatio memoriae e quindi sostituito da quello delle sante precedute dai Re Magi. I mosaici di Sant’Apollinare Nuovo sono la più nota trasposizione figurativa in cui i Magi appaiono vestiti alla persiana: i Tre Re in fila, guidati da una stella a otto punte, indossano sfarzose e variopinte brache, mantelli persiani e berretti frigi. Questi mosaici sono inoltre significativi perché riprendono il Vangelo dello Pseudo - Matteo da cui, diversi aprocrifi che attestano l'origine persiana dei Magi, sono derivati. Le corrispondenze riguardano non solo l'abbigliamento: nel testo apocrifo si dice infatti che i Magi visitarono Gesù il quale era assiso su un trono tempestato di gemme ed anche nei mosaici di Ravenna è enfatizzata la natura regale del Bambino. I magi di Ravenna inoltre hanno le mani coperte da guanti secondo una consuetudine persiana volta a preservare il sovrano da ogni possibile contaminazione. 

Se ci spostiamo all’interno della vicina Basilica di San Vitale troviamo probabilmente una delle fonti dei mosaicisti di Sant’Apollinare: si tratta del fronte di un sarcofago del V secolo reimpiegato nel VII secolo per la sepoltura dell’esarca armeno Isakion e perciò chiamato “sarcofago di Isacio”. Vi è scolpita l’Adorazione dei Magi e questi sono descritti nei loro tradizionali costumi persiani. Un'altra probabile fonte si trova al Museo Arcivescovile di Ravenna ed è costituita da una capsella dedicata ai Santi Quirico e Giulitta risalente alla prima metà del V secolo ed originariamente collocata nella chiesa di San Giovanni Battista. 

Questi esempi figurativi della tarda antichità attestano come, già in quel periodo, gli artisti e i committenti pensassero con sicurezza alla provenienza persiana dei Magi più di quanto non accadesse nelle fonti scritte coeve o precedenti. 

Elisabeth Mantovani
tratto da Eventi Astronomici nell'Arte, Edizioni Artestampa, 2020, pp.23-32.
https://www.artestampaedizioni.it/prodotto/eventi-astronomici-nellarte-un-ponte-tra-oriente-e-occidente/