Articoli - I linguaggi artistici del Trecento

Il finire del XIII secolo e buona parte del XIV secolo sono dominati nell’ambito delle lettere da Dante e in ambito artistico dall’influenza di Giotto e della sua scuola.
Il linguaggio di Giotto è intellettuale, egli si rifà al classicismo e mira a ridare all’Arte plasticità, liberandola dalle forme statiche bizantine.
Giotto è un artista cristiano che ridona all’arte così come alla storia dei santi eloquenza, naturalezza e dignità morale e crea un linguaggio lontano dalla rigidità espressiva dell’arte bizantina così come dagli eccessi espressivi del gotico francese e tedesco che oscillavano tra il tragico e l’estatico. Questo processo lo si vede bene quando interpreta la figura di San Francesco negli affreschi della basilica superiore di Assisi.
La misura di Giotto è la moralità.
Giotto viaggia parecchio per l’Italia ma si ferma soprattutto a Roma e a Firenze con incarichi di grande respiro.
Da Roma Giotto parte per dipingere uno dei suoi primi capolavori: la famosa basilica superiore di Assisi.
Successivamente torna più volte nella capitale dove porta a compimento grandi opere quali ad esempio l’affresco in San Giovanni in Laterano e il mosaico nell’atrio di San Pietro.
Nel 1300 è a Padova dove dipinge gli affreschi, ora andati perduti, della basilica di Sant’Antonio e tra il 1305 e il 1310 le pareti della Cappella degli Scrovegni.
Dopo il periodo padovano è chiamato di nuovo a Roma poi a Rimini, Milano, Napoli ed infine a Firenze dove rimane a lungo con incarichi importanti quali la fabbrica del Duomo e la costruzione del campanile.
Del periodo riminese rimane un Crocefisso ora nel Tempio malatestiano (1310 circa).
Il Crocefisso giottesco di Rimini è un’opera altissima coeva agli affreschi di Padova che decide lo sviluppo della pittura riminese.
Dopo il soggiorno di Giotto Rimini diventa un grande centro della pittura trecentesca.
Uno dei maestri locali più celebri è in questo periodo Giovanni da Rimini che affresca i muri del refettorio del complesso abbaziale di Santa Maria della Pomposa nei pressi di Ferrara ed è autore degli affreschi in Santa Maria in Porto presso Classe (Ravenna).
Una delle prime opere di Giovanni è il Crocefisso del Mercatello una rarissima opera firmata e datata, importantissima per comprendere lo sviluppo della cosiddetta Scuola giottesca.
Nella prima metà del 1300 fra Romagna e Marche si ebbe infatti un’importante fioritura pittorica promossa in particolare dalle fondazioni francescane, collegata alle straordinarie novità introdotte da Giotto prima ad Assisi e poi a Rimini.
Caratterizza la scuola riminese un colorismo espanso ricco di sfumature: l'influenza giottesca viene interpretata in senso cromatico. Il cromatismo della scuola riminese darà il suo sensibile apporto al formarsi di una cultura figurativa di stampo coloristico in tutta l'Italia settentrionale.
Un'altra testimonianza elevata della scuola riminese l'abbiamo nell'opera di Pietro da Rimini di cui resta il celebre Crocefisso di Urbania datato intorno al 1320.
La scuola riminese influenza anche i primi atti della pittura bolognese che strapperà in regione il primato a Rimini nella cultura figurativa del trecento.
Allo sviluppo della scuola bolognese contribuisce anche la scuola di miniatura già fiorente nella città nel XIII secolo in stretto rapporto con l'attività libraria promossa dall'Università con intensi scambi con la Francia.
Già nel trecento Bologna è una ricca città borghese aperta agli scambi internazionali. Tra gli insegnamenti dell'antica e rinomata Università spiccavano gli studi giuridici e l'economia che hanno contribuito a dare, già da allora, un'impronta pragmatica alla vita sociale della città, attenta ad afferrare, anche nella tradizione figurativa, il senso pratico della vita.
In questo ambiente emerge la personalità di Vitale da Bologna del quale una delle prime e più celebri opere è la Madonna dei Denti per l’oratorio di Santa Apollonia (Malvasia), posto poco più in basso di Santa Maria di Mezzaratta costruita dalla Compagnia del Buon Gesù nel 1338, (ora conservata presso la galleria Davia Bargellini).
Il carattere di Bologna, città universitaria viva e attenta alle realtà sociali, si traduce nell'opera di Vitale nell'arguzia, nella prontezza di gesto, nella franchezza di parola che egli mostra soprattutto nelle “Storie di Sant'Antonio Abate” e negli affreschi della chiesa di Mezzaratta (ora nella Pinacoteca di Bologna).
Le tendenze gotiche e medievaleggianti che trovano espressione nell’arte bolognese di questo periodo dominano tutto il Trecento e i loro influssi si fanno sentire in regione anche nell’arte del Quattrocento.
La stessa tensione drammatica degli affreschi di Mezzaratta la troviamo nel San Giorgio e il Drago ove Vitale da Bologna, 1350 ca., affronta uno dei temi più diffusi nell’arte gotica.
I Santi Cavalieri come San Giorgio incarnano gli ideali cortesi, cavallereschi e sono perciò tra i motivi ricorrenti di questo periodo. Alcuni Ordini Cavallereschi portano tutt’ora il nome e i simboli di San Giorgio.
La torsione del cavallo e l’intensa drammaticità di tutta la scena sono un esplicito richiamo agli ambienti artistici del nord Europa.
Formatosi in un ambiente di fitti scambi con la Francia grazie alla fiorente attività di miniatura dell’Università cittadina, Vitale sviluppa uno stile costruito su un ritmo serrato fatto di tensioni e di scatti improvvisi che ne accentuano il dinamismo di matrice nordica.
Sebbene lo stile di Vitale debba molto alla conoscenza del Gotico Francese, del tutto nuovo è il suo modo di concepire gli spazi illuminando per sprazzi e mettendo in risalto all’improvviso i momenti culminanti della scena.
La peculiarità dello stile di Vitale si palesa negli affreschi per la chiesa di Mezzaratta e nelle storie di Sant’Antonio Abate ora entrambi alla Pinacoteca di Bologna.
La corsa rapida delle linee coglie i personaggi impreparati, non in posa, la luce si sposta rapidamente da un punto all’altro della scena creando vivide e dinamiche lumeggiature.
L’originalità di artisti come Vitale caratterizzerà l’arte emiliana fino a tutto il quattrocento producendo un ambiente unico dove si mescolano peculiarità territoriali, influenze nordiche e tardogotiche con innovazioni di matrice romano-fiorentina.
Verso il 1351 Vitale è attivo presso l’abbazia della Pomposa, importante centro culturale a nord di Ferrara.
Egli dipinge all’interno della basilica di Santa Maria della Pomposa le “Storie di Sant’Eustachio” nel catino absidale. Per la maggior parte sono invece ad opera dei suoi allievi gli affreschi della controfacciata con Storie dell’Antico e del nuovo Testamento, dell’Apocalisse e del Giudizio universale.
In tutte le opere pomposiane lo stile di Vitale si fa più solenne, meno ritmico e nervoso, più meditato.
L’allievo più illustre di Vitale da Bologna fu Jacopino dei Bavosi, detto lo pseudo Jacopino, di cui rimane a Bologna l’affresco “San Giacomo nella battaglia di Clavijo” ora nella Pinacoteca di Bologna.
In quest’opera si vede come Jacopino, dopo un esordio più austero vicino all’arte riminese più che alla vivacità di Vitale, segua invece quest’ultimo superandone talora la mimica e l’espressività, in alcuni casi popolaresca.
In aperto rifiorire di suggestioni giottesche, a contatto col il multiforme panorama padano, egli raggiunge infatti “un suo caratteristico "espressionismo" pungente, dalla pronta notazione quotidiana, ma scarnato sino alla violenza entro una greve misura di antico sapore romanico.” (Treccani, enciclopedia dell’arte)

Sul volgere del Trecento Bologna, grazie all’Università e all’apertura del cantiere di San Petronio nel 1390 è il maggior centro culturale della regione.
La grande chiesa cittadina dedicata al patrono ma non Duomo, evidenzia nelle sue forme interne uno dei rari esempi di architettura Gotica in Emilia Romagna. Il progetto originale si deve a Antonio di Vincenzo, per l’esterno della chiesa si susseguirono vari progetti del Vignola, di Baldassarre Peruzzi, di Giulio Romano e Palladio che tuttavia non vennero attuati e la chiesa si presenta tutt’ora con la facciata incompiuta. Spazioso e illuminato dalla luce soffusa che entra dalle finestre a rosone l’interno, in stile Gotico, si presenta armonioso, caratterizzato da una grande purezza delle forme e dei rapporti dimensionali.
Gli scambi con la cultura nordica si ravvisano anche negli affreschi di Giovanni di Pietro Falloppi detto Giovanni da Modena che aderisce ai modi del tardo gotico.
Ne “le Storie dei Re Magi, il Paradiso e l’Inferno”, nella Cappella Bolognini 1410 ca., Giovanni fa sua la poetica del tardo gotico con uno stile intriso di realismo e punte macabre tipiche dell'arte di matrice nordica.
Il tema dei Re Magi ebbe una massima diffusione tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento negli affreschi e nelle sculture che decoravano le chiese in stile Gotico.
Nello stesso periodo in cui Vitale a Bologna rispecchia lo spirito vivace di una città universitaria, commercialmente attiva e fortemente influenzata dal miniaturismo francese, a Modena opera Tomaso Barisini, detto Tomaso da Modena di cui restano nella città gli affreschi all’interno della cattedrale di San Geminiano e due affreschi nelle chiese di San Biagio e di Sant’Agostino (Madonna di San Biagio e Madonna della Consolazione).
Già in queste opere giovanili Tomaso rivela uno stile più vicino a Giotto, più plastico e storicistico. Lo stile di Tomaso maturerà a Treviso dove il pittore e miniatore lavorerà per parecchi anni: prima nella Chiesa di Santa Caterina, poi nel convento di San Niccolò (1352) con i Ritratti di Domenicani ed infine nella chiesa di Santa Maria degli Eremitani con il Ciclo di Sant’Orsola (1360-66).
In queste opere tarde Tomaso accentua il realismo iniziale portandolo a tal punto da far pensare che si sia servito, ad esempio, degli stessi frati domenicani come modelli per dipingere gli affreschi di San Niccolò.
L’espressività dei volti e la ricerca di caratterizzazione fisiognomica fanno pensare alla vivacità di Vitale da Bologna mentre il gusto per la narrazione e per il particolare storico che si ravvisa soprattutto nel Ciclo di Sant’Orsola, è tipicamente giottesco.
Le punte massime della pittura di Tomaso sono forse raggiunte proprio negli eccezionali dipinti del Ciclo di Sant’Orsola: vivace e dettagliata è la narrazione che si esprime sia nella varietà dei personaggi che nei particolari dei costumi.
Qui Tomaso, forse proprio per sfuggire al pericolo di un certo particolarismo realistico di matrice nordica, amplia e distende le zone di colore che viene steso quasi a campate secondo uno stile che ricorda certi aspetti del cromatismo riminese.

Altichiero è uno dei più alti protagonisti del Trecento. Egli prende dapprima ispirazione da Tomaso da Modena per poi dare vita a uno stile in cui la storia e la narrazione sono protagoniste.
Nel 1384 Altichiero conclude una grande opera: gli affreschi sulle pareti dell'oratorio di San Giorgio a Padova.
Nella Decapitazione di San Giorgio è chiaro il gusto per la narrazione e un impianto di tipo realistico: dalla descrizione pittorica della vegetazione percepiamo la stagione, il padre che prende il figlio per mano preannuncia il compiersi del tragico evento, le lance puntate verso l’alto scindono i volti dei soldati che possono così essere descritti a uno a uno; lo scenario è contemporaneo ma con richiami all’antico.
Sebbene per alcuni aspetti coloristici e narrativi sembri precedere lo stile del gotico internazionale, il suo sguardo indaga ancora oggettivamente, realisticamente ed è estraneo alle fantasie cortesi e cavalleresche che saranno invece poco più tardi protagoniste dell’opera di Pisanello.

Elisabeth Mantovani

Estratto da Gotica - Arti e Stili a confronto